Terme etrusco-romane di Bagnone
Al centro di un suggestivo territorio, interessato da fenomeni geotermici e ricco di sorgenti termali ad alta temperatura (oltre 60 C°), si trova il complesso sacro-termale etrusco di Sasso Pisano. Gli scavi hanno messo in luce un insieme architettonico molto particolare, articolato in diversi settori e con diverse fasi di vita, che si estende probabilmente ben oltre l’area fin’ora indagata. Si tratta, ad oggi, dell’unico esempio di terme etrusche nel territorio dell’antica Etruria.
L’area su cui sorge l’impianto, legato al culto e all’uso delle acque, è situata sulla sinistra del fiume Cornia, tra i paesi di Sasso Pisano e Leccia, lungo il tracciato dell’antico percorso stradale che collegava le città etrusche della costa, come Populonia, e la zona del volterrano, più a nord, dominata dalla grande lucumonia di Velathri.
Le campagne di scavo condotte dalla Soprintendenza archeologica della Toscana, nei pressi del podere “Il Bagnone”, a partire dal 1985, hanno riportato alla luce una serie di strutture di notevole interesse.
Un’attenta analisi delle strutture e dei reperti, ha consentito di far risalire la prima fase di utilizzo delle terme al III secolo a.C.. Appartengono a questo periodo i resti di una stoà (sorta di lungo loggiato tra due file di colonne chiuso da un lato), costituita da un porticato a tre braccia, con colonne e capitelli di ordine dorico, poggianti su una base di grandi blocchi squadrati di calcare locale.
Le si aggiunsero, nel II secolo a.C., due impianti termali con vasche e locali di servizio coperti da tetti di tegole. Si possono ancora osservare le vasche, con i pavimenti in cocciopesto e le canalizzazioni che convogliavano al loro interno l’acqua calda e fredda proveniente da sorgenti limitrofe destinate, verosimilmente, a curare malattie sotto il controllo di sacerdoti-curatori.
Sul lato Ovest sono emersi anche i resti di un’altra struttura, suddivisa in diversi ambienti, verosimilmente destinata all’accoglienza di viaggiatori e visitatori che giungevano nelle terme per curarsi e per venerare gli dei della salute.
Significativo il ritrovamento di una piccola statuetta in piombo e stagno raffigurante la dea Minerva e di una figura di offerente, entrambe di netta impronta volterrana, che lasciano supporre l’utilizzo del sito anche come luogo di culto.
Frequentato per tutto il II e il I sec a.C., il complesso cadde in disuso per circa un secolo, a seguito di un movimento franoso, ma successivamente tornò ad essere utilizzato, almeno fino al III sec. d.C., come attesta il ritrovamento di un tesoretto di 64 monete, risalenti a quel periodo imperiale.
Passata l’epoca romana l’edificio delle terme andò in rovina ma le sorgenti furono sempre utilizzate dalla popolazione locale.
La sua posizione, al confine tra i territori etruschi di Volterra e Populonia, e altri dati archeologici hanno indotto gli studiosi a riconoscere in questo edificio un avamposto dell’antico stato volterrano dominato dalla potente lucumonia di Velathri.
L’ampiezza del complesso e la sua posizione geografica hanno portato ad identificare il sito con uno degli impianti termali rappresentati in uno dei segmenti di cui si compone la “Tabula Peutingeriana”; trattasi della copia medievale di una carta itineraria (militare) romana di età imperiale, una sorta di guida dei luoghi degni di interesse dell’antichità, ove sono rappresentate le “aquae volaterranae” (”aquas volaternas”) e le “aquae popoluniensi” (“aque populanie”), conservata presso la Biblioteca Nazionale di Vienna.
Il dubbio, sorto in un primo momento, sull’identificazione delle terme, con le “acquae volaterranae” ovvero con le “aquae popoluniensi”, è stato fugato sia da una più attenta lettura della succitata Tabula – dalla quale si sono potute identificare le “aquae popoluniensi” con il “Bagno del Re” posto sulla strada che da Populonia conduceva a Siena e che non poteva certo passare per il Sasso Pisano – sia dal succitato ritrovamento della Minerva e della piccola figura di offerente, nelle cui caratteristiche stilistiche si ravvisa l’inconfondibile impronta artistica volterrana.
Da ciò si è oggi certi che l’insediamento facesse capo alla città di Velathri.
Parte dei reperti più significativi si trova oggi esposta nell’Antiquarium, una sorta di piccolo museo appositamente realizzato all’interno del paese di Sasso Pisano.